ADHD E ATTIVITÀ SPORTIVA
È ormai un dato di fatto che l’attività sportiva dovrebbe essere regolarmente praticata da ogni bambino per così garantirne a pieno lo sviluppo sistemico.
Non tutti sanno che tale assioma è valido però per TUTTI i bambini, e a maggior ragione, anche per quei bambini che, il modello medico, etichetta con “DISTURBO DA DEFICIT DELL’ATTENZIONE E DELL’IPERATTIVITà”.
I bambini con ADHD spesso manifestano deficit sul piano motorio, cognitivo e delle funzioni esecutive. Purtroppo, ad oggi, le terapie farmacologiche in uso, hanno lo scopo di ridurre i sintomi, che, solitamente tendono a presentarsi nuovamente alla fine del trattamento stabilito. All’interno dell’ottica della salute come modello dialogico tra il paradigma medico, psicologico e sociale, i ricercatori suggeriscono quindi di affiancare alle terapie mediche e psicoterapeutiche, dei percorsi terapeutici non farmacologici in cui il piccolo possa valorizzare le proprie potenzialità.
Un recente studio condotto da Ziereis e Jansen nel 2014 dimostra che l’attività sportiva in bambini con ADHD non solo porta beneficio alle abilità motorie stesse, ma anche alle abilità di linguaggio. Un ulteriore ricerca del 2017 riconosce come vero e proprio metodo educativo la creazione un ambiente sportivo strutturato con spazi, tempi e routine prestabilite. L’accesso a uno spazio protetto e strutturato offre infatti al bambino l’opportunità di migliorare l’autocontrollo in termini di impulsività e di attenzione (Mansson, Elmose and Roessler, 2017). Senza citare poi i numerosi studi che sottolineano l’importanza dell’attività sportiva infantile per ampliare la rete sociale del nostro piccolo e aiutarlo così a ottimizzare le sue competenze sociali.
Una delle domande più ricorrenti a questo punto diventa: “Ma quale sarà lo sport migliore per mio figlio?”. Chiaramente non esiste una risposta univoca. Quando si tratta di persone, vale prima di tutto la variabilità intra e interindividuale, che in alto parole si traduce con la famosa citazione latina “De gustibus non disputandum”. Orientiamoci prima di tutto verso un’attività sportiva che piaccia a nostro figlio: il suo interesse e la sua passione verso quel determinato sport, risulteranno ottimi alleati in momenti non facili, che ahimè potranno esserci. Cerchiamo poi attività in cui l’allenatore o l’insegnante siano non solo qualificati, ma anche capaci di porsi a misura di bambino e di essere sia punto di riferimento che modello di tolleranza. Infine, stiamo vicini ai nostri bambini: come sempre diamo loro tutto il sostegno necessario che serve nel cominciare un’attività nuova, sapendo che il primo periodo è solitamente quello più difficile. Non preoccupiamoci dei pianti, l’ambito sportivo non solo sarà una palestra per i muscoli del nostro piccolo, ma lo sarà ancor di più per lo sviluppo del suo Sè. Maggiori sono il numero di esperienze in cui il bambino si mette in gioco, maggiore sarà il suo bagaglio di competenze cognitive, emotive e sociali che potranno aiutarlo a gestire tutti quei momenti difficili in cui tante volte lo abbiamo visto soffrire.
Chiara Bordin (educatrice professionale, pedagogista)
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