Lo Yoga non fa per me!
Quante volte mi son sentita dire queste parole! Ma è vero? Ci sono attività che “non fanno” per alcune persone? Facciamo un po’ di chiarezza:
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Nell’immaginario collettivo alla parola Yoga viene associata la parola “calma” oppure “staticità” o “meditazione”; in ogni caso, l’idea di “fatica”, “sudore”, “muscoli”, dimagrimento” è percepita molto lontanamente. E ciò anche a giusta ragione, ma… E’ ovvio che se lo stereotipo dello Yoga è l’immagine di una persona seduta a terra in posizione meditativa, non si può percepire altro dall’esterno, se non “staticità”. La questione per chi invece già pratica è ben diversa, lo sappiamo. Fatica in abbondanza, sudore a fiumi, tenacia, costanza, pazienza, spesso rabbia, nervosismo, attenzione. In realtà sappiamo che riuscire a tenere la posizione meditativa non è altro che il frutto della pratica, non la pratica in se. Raggiungere la calma e la pace è l’obiettivo, non il percorso.
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Molto quindi dipende dallo stato interiore in cui ci troviamo! Se partiamo dal presupposto che lo stato di equilibrio e di pace interiore apporta benessere interiore e fisico, è naturale ricercarlo, ma non per tutti la strada è la stessa proprio perché diversa è la nostra indole ed il modo in cui rispondiamo agli eventi (nonché gli eventi stessi). L’obiettivo dello Yoga, attraverso gli asana e la meditazione, è proprio quello di calmare (o neutralizzare) i vortici di chitta, cioè il nostro sentire, la nostra coscienza, il nostro pensare.
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Stato Ksipta: irrequieto tutto il tempo. Ovvero la nostra mente è sempre irrequieta, non si arresta mai. In questo stato potrebbe essere utile una pratica di yoga vigorosa, se siamo allenati e conosciamo lo yoga, altrimenti meglio optare per la corsa o qualsiasi attività faccia sudare, muovere il corpo energicamente.
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Stato Muddha: irrequieto per la maggior parte del tempo e occasionalmente calmo. In questo caso potrebbe essere bene praticare in modo abbastanza dinamico (Flow Yoga, yoga in volo), ma lasciando dei momenti per sperimentare la calma.
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Stato Biksipta: calmo per metà del tempo, agitato per l’altra metà. In questo caso lo Yoga inizia ad essere l’attività ideale, le posizioni possono essere calme, lente e sempre consapevoli.
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Stato Ekagra: calmo per la maggior parte del tempo e occasionalmente irrequieto. In questo stato ci sarà bisogno solo di qualche asana, mantenuta a lungo, prima di concentrarsi su tecniche di Pranayama.
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Stato Niruddha: calmo per tutto il tempo e mai irrequieto. In questo stato si potrebbero addirittura non praticare affatto gli asana per la mente, ma solo per la salute del corpo.
Come avrai notato, i vari stati sono in progressione: dal più agitato al meno agitato. La bella notizia è che non sono fissi. Non si nasce Ksipta e lì si resta per sempre, non è uno stato definitivo del Sé come il colore degli occhi! Iniziando a praticare anche solo l’ascolto del respiro almeno 5 minuti al giorno, potrai piano piano percorrere la scala fino ad arrivare a Nuruddha. Ho pubblicato molti articoli sulla respirazione: le caratteristiche, i meccanismi, e con il tempo potrai utilizzare varie tecniche di respiro sia semplici che per la meditazione fino a quelle più avanzate del Pranayama. Ti ricordo che in classe o con un insegnante esperto, la crescita è più veloce e, se avessi dei dubbi, potrai chiedere e cresce più velocemente sulla strada verso la calma e l’equilibrio interiore.